E’
passato molto tempo da quando nel ’27, nel progetto Domus Nova con Emilio Lancia, Gio Ponti preparò una collezione di
arredi concepiti per la produzione in serie e da vendersi in un grande
magazzino, La Rinascente, offrendo alla borghesia milanese di quegli anni, un
nuovo concetto volto ad abitare la
propria casa. Arredare con gusto e al di là della funzionalità per creare e
vivere un luogo dove si riceve gente e si allieta lo sguardo con il nuovo
design italiano.
Come
non ricordare la Poltrona Seggiovia (1940) di Franco Albini o la nascita del design d’arredo che crearono
un immagine di casa, soprattutto nelle città industriali del Nord Italia,
moderna e in grado di cambiare le abitudini domestiche di un popolo che
rialzava la testa, con ingegno e voglia di vivere, dopo gli anni drammatici
della seconda guerra mondiale.
Ma oggi il mondo
sta nuovamente cambiando le nostre case o, quantomeno, ne modifica i concetti. Esisterà sempre chi
acquisterà oggetti d’arredo in modo emozionale, innamorandosi di un divano
particolare, di un comodino visto in un mercatino a Parigi piuttosto che una
credenza acquistata in una delle tante fiere dell’antiquariato in giro per
l’Italia o per il mondo, riempiendo la casa di ricordi e oggetti che
identificano la personalità di chi la crea, la trasforma e la vive. Tuttavia,
non si può evitare una riflessione su questi tempi in cui molti giovani, la
casa, non possono permettersela sia per una questione economica, scegliendo di
fatto un affitto, sia per un lavoro che porta con sé mille spostamenti con
periodi non troppo brevi da vivere in un albergo ma neanche troppo lunghi da
pensare ad un investimento definitivo. In entrambe i casi parliamo di gente a
cui un trasloco fa tremare i polsi rappresentando un vero e proprio incubo. C’è
dunque un fatto: la velocità dei nostri tempi. una velocità che costringe ad
inseguire il lavoro e a cambiare casa con facilità. Ma in tutto questo è
possibile trovare un punto di incontro tra lo spostamento e l’identità? Forse
sì ma a patto che la parola mobilio si riappropri del suo valore etimologico
che lo identifica come qualcosa in movimento. Nel solco di questa rivoluzione
nomade si muove la designer Li Naihan
vedendo, in oggetti che si muovono per antonomasia, elementi d’arredo
funzionali e anche di gusto. Parliamo di casse da imballaggio.
Il
suo lavoro consiste nel creare arredo al di là dello spazio, fuori dall’idea di
immobilità. Tagliando e assemblando, la Naihan esprime il suo concetto creativo
dando concreta forma contenitiva alle scatole da imballaggio che una volta
aperte possono trasformarsi in un salotto, in un mobile porta tv o in un
funzionalissimo armadio.
Ecco
che tre casse si trasformano in sedute e, con l’aggiunta di cuscini, diventano
un salotto dove non manca fantasia e creatività. Questi mobili si chiudono e si
aprono creando un concetto scevro da condizionamenti di logistica e di
spostamento. Si scompone la vita e ogni luogo può essere chiamato casa. Curioso
pensare ad una abitazione che ci possa seguire negli spostamenti e facendo
questo assumiamo un concetto di nuovo umanesimo, fatto di oggetti riciclati e
che acquistano una nuova forma e una nuova funzionalità. Ci viene in mente la nascita
di un nuovo modo di fare architettura o di essere designer, creativi sì ma
difendendo anche il pianeta. Sarà dunque possibile creare una nuova
professionalità, gli ECO-DESIGNER, continuando a sviluppare quelle ricerche
abitative a minimo impatto ambientale disseminate qua e là sul pianeta ma non
troppo note ed ancora per pochi, sofisticati clienti.
NOTE BIO.
Proveniente da Harbin, Naihan LI si trasferisce a
Pechino a metà degli anni '80 e successivamente studia nel Regno Unito,
laureandosi presso la London Bartlett School of Architecture. Dopo il suo
ritorno a Pechino, nel 2004, lavora con Ai Weiwei come coordinatore per lo
sviluppo architettonico del Parco Jinhua e il progetto irrealizzato “The China
Book”. In seguito lavora come architetto e designer indipendente, completando
costruzioni e design di interni per vari clienti. E’ stata responsabile per
molteplici progetti di arte e mostre di design tra cui la CCTV/TVCC dell’OMA
(Office for Metropolitan Architecture), l'UBS Art Collection in Cina e la 2011
Gwangju Design Biennale. Ha sviluppato un linguaggio artistico unico applicando
il pensiero architettonico ad un gruppo di opere versatile, prendendo la forma
di installazioni su larga scala così come di prodotti finiti.
Marco Boccia
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